“Dry Vitrectomy” una nuova metodica per il trattamento del distacco di retina regmatogeno: studio pilota

Il distacco di retina è definito come la separazione del neuroepitelio dal sottostante epitelio pigmentato retinico. Questa condizione porta ad una deprivazione di ossigeno e nutrimento da parte dello strato dei vasi sanguigni alle cellule retiniche. La causa più comune che può portare a distacco retinico è il passaggio di fluido dalla cavità vitreale nello spazio sottoretinico attraverso una rottura retinica (lacerazioni o fori); in questo caso si parla di distacco di retina regmatogeno, il quale rappresenta una potenziale causa di perdita completa della vista e ha un’incidenza di circa 10/100.000. La gestione è chirurgica e si basa sull’eliminazione della trazione vitreale e la circoscrizione della rottura retinica.

I principali interventi chirurgici attualmente utilizzati sono il cerchiaggio sclerale, la vitrectomia via pars plana (PPV), che possono essere eseguiti da soli o in combinazione, e la pneumoretinopessia. Sebbene alcune presentazioni cliniche possano guidare la scelta verso un approccio chirurgico piuttosto che un altro, la gestione rimane ancora controversa.

La pneumoretinopessia rappresenta la procedura meno invasiva e consiste nell’iniezione intravitreale di un gas espandibile e in un’ulteriore retinopessia. Le complicanze intraoperatorie gravi sono rare, ma l’impossibilità di rimuovere le trazioni vitreali conferisce a questa procedura un tasso di successo medio del 69%, inferiore rispetto alle altre tecniche. Pertanto, questo intervento è raccomandato solo in casi selezionati, come distacchi di retina dovuti ad una singola piccola rottura retinica o a un gruppo di rotture entro 1 ora, nelle 8 ore di orologio superiori della retina. Inoltre, molti fattori, tra cui l’opacità del cristallino, un lieve emovitreo o un deficit di dilatazione, potrebbero rappresentare un limite per questa tecnica a causa della difficoltà di identificare le rotture retiniche prima dell’intervento.

Il cerchiaggio sclerale consiste in un approccio ab esterno attraverso il quale si ottiene la chiusura della rottura retinica e la neutralizzazione delle trazioni vitreoretiniche con il posizionamento di un cerchiaggio o di un piombaggio che indentano la sclera. Questa procedura rimane ancora il gold standard in alcune circostanze, come nel caso di pazienti giovani e fachici. Tuttavia, è associata a complicanze intraoperatorie e postoperatorie non così rare peraltro (perforazione sclerale, emorragia sottoretinica, distacco di coroide, diplopia, elevato errore refrattivo, dolore cronico o esposizione dell’impianto).

La PPV, introdotta da Robert Machemer intorno agli anni ’70, rimuove direttamente la trazione vitreale asportando l’intero vitreo. La chiusura delle rotture retiniche è ottenuta grazie all’effetto della spinta diretta di un agente tamponante sulla retina. La minore invasività e l’affinamento della tecnica chirurgica rende questa procedura la più comunemente eseguita per il distacco di retina regmatogeno in tutto il mondo. Tuttavia, la vitrectomia è ancora associata ad una serie di complicanze, come la creazione di rotture retiniche iatrogene e l’aumento della pressione intraoculare (PIO) post-operatoria. Inoltre, molti studi hanno dimostrato che una vitrectomia completa, che richiede un tempo prolungato all’interno della cavità vitreale, promuove una risposta infiammatoria che rappresenta un rischio per lo sviluppo di proliferazioni vitreoretiniche e aumenta i livelli di ossigeno nella camera vitreale, causando la progressione della cataratta.

Per questi motivi, negli ultimi anni la ricerca scientifica si è concentrata sulla riduzione della manipolazione del vitreo e dei tempi operatori, garantendo però lo stesso livello di efficacia. Recentemente sono state descritte due tecniche simili, che consistono in una vitrectomia limitata sotto aria solo in prossimità della rottura retinica, con l’obiettivo di liberare le trazioni vitreali in quella sede e drenare il liquido sottoretinico.

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare la sicurezza e l’efficacia di una nuova tecnica chirurgica per la gestione del distacco di retina regmatogeno, che consiste in una vitrectomia “dry” a due porte, quindi senza il cannello di infusione, localizzata in prossimità della/e rottura/e retinica/he e nel drenaggio del liquido sottoretinico seguito da una crioretinopessia.

Francesca Frongia, Valentina Carta, Enrico Peiretti
Università di Cagliari

Fonte: OftalmologiaDomani.it

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