Come vede il mondo una persona daltonica?

La parola alla Dott.ssa Patricia Vincenti, esperta di elettrofisiologia oculare

 

Il daltonismo è un difetto visivo che altera la capacità di percepire i diversi colori e le sfumature, del tutto o in parte. I daltonici non vedono colori diversi ma, semplicemente, eliminano alcuni toni dallo spettro dei colori. Come vede il mondo una persona daltonica?

Lo chiediamo alla Dott.ssa Patrizia Vincenti, Oculista a Roma ed esperta di elettrofisiologia oculare.

Cosa vuol dire daltonismo?
Il daltonismo è una condizione patologica dell’occhio umano, in cui si ha un’alterata percezione dei colori. Il termine deriva dal cognome dello scienziato britannico John Dalton che, essendone lui stesso affetto, descriveva in un saggio lo strano mondo dei “discromatici”, nel lontano 1794.
Nell’uomo infatti la percezione dei colori si basa sulla capacità di alcune cellule retiniche, i coni, prevalenti nella visione diurna, di distinguere i 3 colori fondamentali: il rosso, il verde ed il blu. Dal mescolarsi di questi nasce la vasta gamma di tutti i colori da noi percepiti e le loro sfumature mentre, dalla loro somma, nasce il bianco.

Esiste un solo tipo di daltonismo?
No. Si parte dalla acromatopsia cioè mancata percezione dei 3 colori fondamentali. Tali soggetti vedono un mondo in bianco e nero, o meglio in una scala più o meno nitida di grigi. Esiste poi la protanopia, cioè la mancata percezione del rosso, la deuteranopia, cioè mancata percezione del verde e la tritanopia o mancata percezione del blu.
In questa scala di assoluta mancanza di percezione del singolo colore esistono forme di difetto parziale denominate protanomalia, deuteranomalia e tritanomalia.

Dove risiede l’alterazione di questa malattia?
Come dicevamo l’alterazione risiede nelle cellule retiniche denominate coni che, insieme alle altre cellule denominate bastoncelli, determinano la nostra visione.
Le cellule denominate coni sono i maggiori responsabili della nostra visione nitida diurna, alla luce, e pertanto sono numericamente più presenti nella zona elettiva di visione della retina chiamata macula ed ancor più nella fovea. I bastoncelli invece sono più numerosi nella media periferia della retina e servono per la visione crepuscolare.

Quindi la malattia è ereditaria?
Sì e viene trasmessa per le alterazioni rosso/verde in maniera recessiva tramite il cromosoma “X”. Questo spiega perché le femmine, che possiedono nel loro bagaglio genetico 2 cromosomi “X” sono molto meno colpite degli uomini.
La forma di alterazione della visione del blu è anch’essa di origine genetica, estremamente rara, e risiede in una anomalia del cromosoma 7. Quindi, maschi e femmine ne sono colpiti in egual misura.
Dobbiamo ricordarci però che esistono anche alterazioni della visione dei colori acquisite, cioè come conseguenza di alcune patologie oculari quali le neuriti ottiche, che presentano alterazioni dell’asse rosso/verde o le maculopatie che determinano prevalentemente alterazioni dell’asse blu/giallo.
La diagnosi differenziale tra forme congenite e forme acquisite si basa spesso sul fatto che quest’ultime sono più anomalie che anopsie, cioè situazioni cliniche meno gravi.

Il daltonismo si può curare o bisogna imparare a conviverci, anche per le attività quotidiane ed essenziali?
Al momento, trattandosi di una patologia geneticamente trasmessa, non esistono terapie conosciute, ma solo studi di sostituzione genica su animali.
Gli unici ausili esistenti consistono nel montare su normali occhiali lenti dotate di filtri specifici che consentono ai daltonici di avere una percezione dei colori più simile a quella dei soggetti normali.
D’altra parte, le normali attività quotidiane non sono assolutamente precluse ai daltonici, ma solo qualche attività lavorativa particolare come nel mondo dell’aviazione o delle ferrovie dove possono determinare delle limitazioni nelle attività da svolgere.

Esistono dei test per diagnosticare il daltonismo?
Sì, il più comune è il test di Ishihara, una serie di tavole con numeri o simboli con colori particolari che consentono di distinguere l’asse dell’anomalia.

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