Maculopatia, primo impianto di retina artificiale in Italia

Intervista al Dott. Marco Andrea Pileri, che ha eseguito l’intervento

 

Una retina artificiale per la maculopatia degenerativa. Un intervento di straordinaria importanza, a cui ne è seguito un secondo, eseguito dal consorzio Tor Vergata – San Giovanni Addolorata di Roma, di cui illustra i dettagli ad EyesON il Dottor Marco Andrea Pileri, che oltre ad essere responsabile della U.O.S.D. di Chururgia della Retina all’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma è anche Presidente del Givre, Gruppo italiano di chirurgia vitreoretinica.

Il paziente era affetto da maculopatia senile a carta geografica, una forma che determina un grosso deficit funzionale visivo centrale. L’intervento consiste nell’introduzione, al di sotto del piano retinico, di un microchip fotovoltaico wireless, in grado di sostituire i fotorecettori.

L’intervento è nell’ambito di uno studio multicentrico che coinvolge Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti e Italia.

Nell’ambito del consorzio italiano, l’Università di Tor Vergata si occupa del reclutamento dei pazienti e della fase post operatoria, cioè della riabilitazione visiva dei pazienti, mentre l’ospedale San Giovanni Addolorata dell’operazione.

L’intervento non è particolarmente complesso e può essere fatto anche in anestesia locale. Tra i criteri di inclusione troviamo: avere un’età superiore ai 65 anni, avere effettuato un precedente intervento di cataratta, essere affetti da maculopatia senile a carta geografica bilaterale con deficit visivo molto importante (fino alla cecità a livello centrale) e non avere altre patologie concomitanti come glaucoma o retinopatia diabetica.

I risultati non si vedono in maniera immediata, ma in altri Paesi, dove lo studio è stato avviato prima, i risultati sono confortanti: pazienti con cecità centrale assoluta riescono attualmente a leggere qualche lettera singola di una parola, che componendola fa loro leggere l’intera parola. La retina artificiale è wireless e il paziente deve indossare degli occhiali che percepiscono l’immagine e la traducono a un computer tascabile. La stessa immagine viene poi rinviata all’occhiale; una telecamera interna a infrarossi manda un segnale al microchip impiantato, e da lì inizia il percorso elettronico, che attiva le varie strutture della retina sana residua, per arrivare poi al nervo ottico e all’aria occipitale visiva, che infine traduce l’immagine e permette di sviluppare la funzionalità visiva

La protesi retinica è autosufficiente dal punto di vista energetico: la luce ricarica direttamente il chip.

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