Sindrome dell’occhio secco: patologia e trattamento

La sindrome dell’occhio secco

Nel corso degli ultimi decenni è aumentata sensibilmente l’attenzione nei confronti della sindrome dell’occhio secco (Dry Eye Disease, DED) in tutto il mondo. Grazie ai molti ed importanti risultati conseguiti dalla ricerca, si è potuto apprendere molto sui meccanismi di base e sull’impatto di questa malattia, nel tentativo continuo di migliorare l’assistenza clinica e la gestione dei pazienti.

Nel corso del recente workshop organizzato dal TFOS (TFOS Dry EyeWorkShop – DEWS II – Report), gli esperti hanno definito la DED come: “una malattia multifattoriale della superficie oculare caratterizzata da una perdita di omeostasi del film lacrimale e accompagnata da sintomi oculari, in cui l’instabilità e l’iperosmolarità del film lacrimale, l’infiammazione e le lesioni della superficie oculare e le anomalie neurosensoriali svolgono ruoli eziologici”.

Si è riconosciuto come un deficit della superficie oculare o della composizione della lacrima, o anomalie delle palpebre e dell’ammiccamento provocano la perdita del delicato equilibrio sul quale si basa il corretto funzionamento del film lacrimale.  In particolare,  l’iperosmolarità causata da un’eccessiva evaporazione delle lacrime è oggi considerata tra i punti cardine nella insorgenza e nella perpetuazione del “circolo vizioso” della malattia.

I sintomi

Esiste una grande variabilità di espressioni che i pazienti utilizzano per descrivere i propri disturbi. I sintomi della sindrome dell’occhio secco che più comunemente vengono riferiti sono: bruciore oculare, sensazione di corpo estraneo tipo “sabbia” negli occhi, alterata lacrimazione (sia ridotta che eccessiva), arrossamento oculare, fastidio alla luce, difficoltà di apertura delle palpebre (specialmente al risveglio), e annebbiamento visivo.

Nella maggior parte dei casi questi sintomi si manifestano con disturbi minimi e occasionali, ma possono diventare più frequenti ed infine costanti, e suggerire l’insorgenza di complicazioni più importanti. È quindi importante non sottovalutare la sintomatologia e rivolgersi al medico oculista per gli approfondimenti più opportuni.

La diagnosi

La diagnosi della sindrome dell’occhio secco prevede valutazioni a vari livelli, che includono una serie di test funzionali e strumentali sul paziente, ma anche analisi di laboratorio più approfondite sulle costituzioni delle lacrime e della superficie oculare. Eseguibili nella quasi totalità degli ambulatori, vi sono test funzionali di primo livello, come il test di Schirmer, che misura la quantità di lacrime prodotte, il break-up time (BUT), o tempo di rottura del film lacrimale che ne misura la stabilità, e le colorazioni vitali degli epiteli della superficie oculare, che ne misura l’integrità.

Ulteriori analisi di livello superiore, eseguiti in centri e laboratori specializzati, permettono di ottenere informazioni più specifiche riguardo la qualità delle lacrime, la condizione infiammatoria presente, tipo e grado di secchezza, imaging high tech. Ne sono stati proposti un numero cospicuo, ognuno rivolto ad una componente specifica del sistema superficie oculare. Ma per ottenere risultati attendibili si deve tenere presente che test eseguiti non correttamente o in un ordine non corretto possono produrre risultati falsati.

È utile ricordare come la correlazione tra sintomatologia soggettiva e segni oggettivi valutati con i test diagnostici spesso è scarsa, in quanto vi sono tantissimi pazienti che dichiarano sintomi intensi di discomfort oculare in assenza di evidenze cliniche .

Gli esami utili

In presenza della sindrome di occhio secco, oltre ai normali test di routine di una visita oculistica ci sono attualmente parecchi metodi per valutare l’adeguata produzione di lacrime, questi sono:

  • la misurazione del menisco lacrimale tra il bulbo ed il margine della palpebra inferiore
  • il test di Schirmer (per la valutazione della produzione lacrimale)
  • la colorazione con fluoresceina, rosa bengale e verde di Lisammina (che mettono in evidenza le cellule sofferenti)
  • il tempo di rottura del film lacrimale (misurazione BUT: Break-Up Time)
  • la sensibilità al contrasto
  • la citologia ad impressione per la valutazione delle cellule della congiuntiva
  • l’analisi dei film lacrimale per valutare l’osmolarità, la presenza di lisozima
  • il test di felcizzazione delle lacrime
  • il test della clearance della fluoresceina

La cura

La terapia della sindrome dell’occhio secco viene impostata e modulata in base al quadro clinico.
Il primo approccio deve inizialmente escludere o migliorare le componenti ambientali (riscaldamento, umidità) gli stili di vita e le interferenze sistemiche che contribuiscono allo sviluppo della malattia, e invece favorire la pulizia palpebrale.

La terapia iniziale è ad oggi essenzialmente palliativa basata sulla risoluzione dei sintomi di discomfort oculare. I colliri cosiddetti “sostituti lacrimali” (detti nel linguaggio comune “lacrime artificiali”) rappresentano la prima linea di intervento. Sono costituiti da polimeri naturali o di sintesi che lubrificano la superficie oculare e/o aumentano la stabilità del film lacrimale. La loro composizione può variare per concentrazione di elettroliti, osmolarità, e viscosità del polimero di base, ed essere prodotti in varie formulazioni, principalmente collirio o gel, monodose o multidose, senza conservanti. Infatti, l’assenza di conservanti consente di migliorare la tollerabilità a lungo termine dei sostituti lacrimali, riducendo la loro tossicità, favorendo la compliance del paziente al trattamento.

L’infiammazione gioca un ruolo importante nella insorgenza, aggravamento e prolungamento della malattia. Pertanto, farmaci antinfiammatori anche importanti tra cui la ciclosporina e i cortisonici di superficie vengono utilizzati per ridurre l’espressione di diverse componenti infiammatorie, favorendo il ripristino della omeostasi della superficie oculare.

A cura di
Dott. Vittorio Picardo – EyesON

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